SCHELETRI NELL'ARMADIO
Avere uno scheletro nell’armadio” è fra le metafore più usate sia nella lingua scritta che in quella parlata e denota una tendenza tipica del linguaggio (specialmente di quello letterario) di associare menzogna e inganno con immagini terrifiche, in questo caso lo scheletro. L’espressione indica il tenere nascosto agli occhi altrui un comportamento o un fatto verificatosi nel passato che potrebbe essere oggetto di disapprovazione o fonte di danneggiamento della propria reputazione. Immaginatevi poi, chi di scheletri l’armadio ne ha zeppo, se può dormire sonni tranquilli o meno…Poi oltre alla voce della coscienza, anche le zanzare, un materasso scomodo, i rumori provenienti dalla strada rendono il sonno difficile nel cuore della notte. E se ancora non bastasse, anche gli incubi fanno la loro parte. L’opera musicale dei Frasan Galaglav rappresenta tutto ciò. Proprio perché si tratta di un’opera, alcuni passaggi sono più volte ripresi, a tratti fanno da sfondo, a tratti sono in primo piano, con variazioni ed intrecci, poiché anche il sonno è fatto di cicli. Si inizia dal non certo inquietante ambient “Tramonto in poi” che farebbe presagire sonni tranquilli, e dopo il “Primo sogno” sostanzialmente sereno (potrebbe essere un bel jingle per qualche pubblicità di materassi), si comincia a cogliere una certa tensione nel ritmo ossessivo di “Meditando” che rasenta atmosfere acid-psichedeliche infarcite da spezie orientali. Sconvolge parecchio la zanzara elettronica che fluttua per più di sei minuti nel quarto brano, precedendo il pungente “Letto di paglia” dove contrastanti trame melodiche e tormenti elettronici si sovrappongono. “Clausure” è una bella fusione tra pads elettronici e melodie quasi classiche eseguite del flauto. Il brano, nella parte finale, sfocia in un “reprise” dove flauto e moog duettano. Inquietanti rumori concreti, squilli, meccanismi ticchettanti ed una musica che ben si presterebbe come colonna sonora per un thriller si amalgamano efficacemente per dare vita ad un lungo “Incubo” (il settimo brano, il più lungo dei dodici che compongono l’opera). Usciti dall’incubo si incappa in qualcosa di “Sconcertante” che in verità fa meno paura ad ascoltarlo che non ad immaginarlo, considerato il titolo. Dall’architettura informale elettronica della prima parte, Sconcertante evolve infine verso i profumi d’oriente. Poi “Un minuto” (esatto) di quasi-jazz serve a rompere la tensione, prima di entrare nelle trame simil-stockhauseniane di “Agitazioni” che mettono in evidenza la forte passione dei Frasan Galaglav per la musica contemporanea. Bizzarro è il pezzo “Cose da cinema” che non va tanto raccontato per non rovinare le sorprese riservate agli ascoltatori. Quasi un ritorno alla “normalità” avviene con il conclusivo ambient “Finalmente” che funge da eustress sul non leggero “peso” dell’opera realizzata dal duo che interagisce a “distanza” e che si fregia anche della partecipazione
Frank Asio ( Eventi Jazz